L’intensa vita di Bianca di Berovaldo (secc. XIV-XV)
Perugia, Archivio di Stato, S. Francesco al Prato, pergg. 192 e 196
Documenti attestanti le attività imprenditoriali di Branca: nel 1413 acquista un terreno con vigne, oliveti, una casa e un mulino con l’olio: nel 1415 paga operai e carpentieri che hanno ristrutturato le case in città in cui abita
A Mano Libera
via dei Priori, 76
Branca di Bernardo o Benovardo nasce probabilmente intorno al 1360. La famiglia appartiene alla nobiltà rurale del contado senese, proviene infatti da Sarteano dove conserva numerosi terreni e case, mentre a Perugia si è stabilita in porta S. Pietro, sul colle Landone, dove occupa un importante nucleo di case e torri pressoché limitrofo al pede platee.
Quando, nel 1377, si incontra per la prima volta attraverso i documenti, Branca è stata da poco data in sposa al ricco mercante Simone di Bartoluccio che, nel 1395, sarà anche primo priore per il bimestre luglio-agosto. Il normale svolgersi della vita di una ricca dama di fine Trecento, all’ombra dell’influente marito e dei cinque figli, avrà però una svolta decisiva, dopo più di venticinque anni quando, morto Simone nel 1403, si dovrà occupare, in veste di tutrice dei tre figli maschi evidentemente ancora in età pupillare e delle due femmine. Dopo altri due anni, nel 1405, deciderà però di trovare un altro tutore per i figli nonché nuovo marito e si sposerà per la seconda volta con Bartolomeo Guidarelli, iscritto all’arte del cambio, priore per la stessa arte e spesso impegnato fuori Perugia, e con lui inizierà un nuovo modo di vivere improntato ad una sorta di sodalizio imprenditoriale.
Nel 1413, ad esempio, mentre Bartolomeo è chiuso nel palazzo pubblico per il suo mandato priorale, Branca acquista vigne e oliveti con mulino nei sobborghi cittadini e due anni dopo ordina, fa eseguire e paga personalmente una fitta schiera di mastri e operai chiamati a ristrutturare le sue case in S. Biagio di porta Eburnea dove nunc habitat dicta domina. (Perugia, Archivio di Stato, S. Francesco al Prato, pergg. 196,197).
Gli affari, sembra anche quelli da usuraio, porteranno spesso Bartolomeo a lavorare in altre città e Branca lo seguirà nel 1428 a Viterbo per sottoscrivere, se pure con il suo permesso, un contratto annuale per l’esercizio dell’arte della concia delle pelli e del cuoio, con alcuni cittadini locali. Lei metterà 200 ducati e avrà diritto a un terzo degli utili (Perugia, Archivio di Stato, S. Francesco al Prato, perg. 229).
Morto anche il secondo marito, ritroviamo Branca, se pure non più giovane e rimasta praticamente sola, compiere un altro passo importante. Dal momento che alcuni viterbesi si sono rivolti al tribunale dell’Inquisizione accusando l’ormai defunto Bartolomeo di usura, per evitare che tale denuncia possa crearle seri problemi circa l’asse ereditario, sponte constituta affronta il giudice sostenendo in giudizio l’assoluta innocenza di Bartolomeo e strappa il verdetto assolutorio nel 1431 (perg. 238).
Tornata a Perugia, ancora attiva sebbene ormai quasi ottuagenaria e prossima alla morte, nel 1439 stila il suo testamento e, fra i tanti lasciti pii, destina alla terziaria Paciola ben 20 fiorini d’oro per l’acquisto in città di una casa dove receptare pellegrinas e dota il nuovo ospizio da lei così fondato, e che dovrà funzionare anche dopo la morte di Paciola, con i suoi panni di lana e con corredi da letto (Perugia, Archivio di Stato, Notarile, prot. 134, cc. 165v-166r).
Paola Monacchia