MANU, Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria
piazza Giordano Bruno, 10
Celebre fra le «educatrici alla socialità» settecentesche, Anna Graziani Baglioni, ultima discendente dei Graziani, antica famiglia nobile umbra, fu donna letterata, autrice de Il coro delle muse, composto in occasione delle nozze fra Altavilla Oddi e Giuseppe Bourbon di Sorbello pubblicato nel 1793, membro dei Pastori dell’Arcadia col nome di Filli Tirrenia. Attivista religiosa e culturale, annoverata fra le priore perpetue della compagnia della santissima Vergine in Monte Cardello. Collezionista di antichità, come ricorda il Vermiglioli in Antiche iscrizioni perugine, il «museo della signora contessa Anna Graziani Baglioni» annoverava molte opere considerevoli: celeberrime la statua di fanciullo con globo del Trasimeno, studiata da eruditi provenienti da tutta Europa e la collezione di libri rari composta con l’aiuto dell’editore Carlo Baduel. A lei si deve la fondazione del conservatorio femminile Graziani, istituito nell’anno della sua morte, avvenuta, dopo una lunga malattia, nel 1824.
PROTAGONISTE IERI E OGGI
Sezione Storia Antica:
Urne di donne etrusche dalle collezioni della famiglia Baglioni-Graziani-Oddi
(a cura del Centro Studi Umanistici per l’Umbria APS)
Le urne qui presentate, tutte in travertino e di produzione perugina, provengono dall’“Ipogeo delle donne della famiglia Velimna”, rinvenuto nel 1797 presso la necropoli del Palazzone, nei terreni di proprietà della famiglia Baglioni.
La tomba ha restituito, oltre ad un raffinato specchio in bronzo, oggi a Berlino, con coppie di amanti (Atalanta e Meleagro, Turan, l’etrusca Venere, e Adone) e la Moira Atropo, nove urne in travertino, di cui sei con iscrizione (le altre tre non sono iscritte) riferibili a personaggi femminili, secondo quanto documentato a Perugia in un certo numero di casi, cui corrispondono, per contro, tombe di soli uomini.
Le iscrizioni permettono di ricostruire i rapporti familiari che legano le donne dell’ipogeo e le urne consentono di ammirare la cura nell’abbigliamento, nelle acconciature e nei gioielli delle signore di alto rango della Perugia etrusca di età ellenistica, tra l’ultimo quarto del III e gli inizi del II sec. a.C.
Fasti Nacerei, moglie di un Velimna (Perugia, Villa Baglioni al Palazzone, ultimo quarto del III sec. a.C.)

Fasti Nacerei fu una nobile donna etrusca che visse a Perugia intorno all’ultimo quarto del III sec. a.C., moglie di un Velimna e madre della Velimnei sepolta nell’urna di seguito presentata.
Fasti (urna al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, n. 125) è raffigurata sul coperchio, distesa sulla kline, il letto che anche gli etruschi adoperavano per banchettare, con il braccio sinistro poggiato su due cuscini, velata e coronata. Indossa una tunica con maniche, cinta sotto i seni, e un mantello che le avvolge la spalla, il braccio sinistro e la parte inferiore del corpo, lasciando scoperti il busto, il braccio e il piede destro. I gioielli indicano l’appartenenza ad uno status sociale elevato: una collana, un paio di pendenti alle orecchie, due bracciali doppi e, all’anulare, un anello. Il volto raffinato e l’acconciatura ricordano i tratti della regina egizia Arsinoe III, figlia di Berenice, nota per le sue qualità fisiche e morali. Sul listello inferiore, in parte coperto da un drappo ondulato, l’iscrizione etrusca (CIE 3715, ET Pe 1.286), che corre da sinistra a destra, recita:
fasti nacerei velimna[ś] – “Fasti Nacerei, moglie di un Velimna”
Sulla cassa è rappresentata la follia di Atamane, re di Beozia, che credendo di aver fatto sacrificare ad Apollo il figlio Frisso, impazzisce e insegue a cavallo Learco, il secondo figlio, scambiandolo per un cervo. Atamante compare al centro, con una corta tunica e in groppa ad un cavallo, ed è trattenuto con la mano sinistra per il braccio da un demone femminile, posto alle sue spalle. Il figlio Learco, nudo e posto alla destra, cerca protezione tra le braccia di una figura maschile barbata. A terra, la seconda moglie, Ino.
Fonte Bibliografica:
Nielsen Marjatta, Common Tombs for Women in Etruria: Buried Matriarchies?, in AnalRoma22, 1999, p. 90, n. 4, fig. 23, 28
Cipollone Mafalda, Perugia. Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Chiostro Maggiore. Lapidario, Perugia 2004, p. 43, n. 125
Maggiani Adriano, Uno scultore perugino a Volterra?, in Luana Cenciaioli (a cura di), L’Ipogeo dei Volumni. 170 anni dalla scoperta, Atti del convegno di studi, Perugia 10-11 giugno 2010, Città del Castello 2011, pp. 183-204, fig. 15
Velimnei, moglie di un Nufurzna, figlia di una Nacerei (Perugia, Villa Baglioni al Palazzone, fine III – inizi II sec. a.C.)

Velimnei, figlia di una Nacerei, fu una nobile donna etrusca che visse a Perugia tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C. L’iscrizione attesta che fu figlia di un Nufurzna e di Fasti Nacerei, deposta nell’urna precedentemente presentata.Velimnei (urna Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, n. 124), è raffigurata sul coperchio nello stesso atteggiamento della madre: distesa sulla kline con il braccio sinistro poggiato su due cuscini, mentre tiene il velo. Indossa una tunica con maniche, cinta sotto i seni, e un mantello che le avvolge la spalla, il braccio sinistro e la parte inferiore del corpo, lasciando scoperti il busto, il braccio e il piede destro. Al collo porta una collana, alle orecchie un paio di pendenti, al braccio destro due bracciali doppi e all’anulare un anello (esattamente come la madre), con la mano destra regge un fiore. L’iscrizione etrusca (CIE 3714, ET Pe 1.285), che corre da sinistra a destra, recita:
velimnei nufurznaś naceria/l śech – – “Velimnei, moglie di un Nufurzna, figlia di una Nacerei”
Sulla cassa, che presenta tracce di vernice rosa, rossa, azzurra e nera, è raffigurata Scilla che tiene tra le mani un timone, sollevato sopra la testa, mentre combatte con Ulisse e i suoi compagni. L’episodio, oltre che nell’Odissea e nelle metamorfosi di Ovidio, è narrato da Virgilio che ci racconta di come Scilla fosse una fanciulla dal bel petto, donna fino all’inguine, e al contempo una mostruosa creatura dal ventre di lupo e le gambe formate da code di delfini.
Fonte Bibliografica:
Nielsen Marjatta, Common Tombs for Women in Etruria: Buried Matriarchies?, in AnalRoma22, 1999, p. 90, n. 5, fig. 24
Cipollone Mafalda, Perugia. Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Chiostro Maggiore. Lapidario, Perugia 2004, p. 43, n. 124
Veilia Veltsnei, moglie di un Velimna (Perugia, Villa Baglioni al Palazzone, fine III sec. a.C.)

Veilia Veltsnei, moglie di un Velimna, fu una nobile donna etrusca che visse a Perugia intorno alla fine del III sec. a.C.Veilia (urna al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, n. 126) è raffigurata sul coperchio, distesa sulla kline,con il braccio sinistro poggiato sopra un doppio cuscino e la testa rivolta verso l’alto. La donna, adorna di girocollo e orecchini, indossa una corona, una tunica stretta sotto il seno da una cintura a nastro, e un mantello che le avvolge il braccio sinistro e la parte inferiore del corpo, lasciando scoperti il braccio e il piede destro. Regge nella mano destra un fiore a quattro petali, mentre nella sinistra stringe un flabello, un ventaglio, di forma foliata e con manico cilindrico. L’iscrizione etrusca (CIE 3716, ET Pe 1.287), che corre da sinistra a destra, recita:
veilia velt/snei velim/naś – – “Velia Veltsnei, moglie di un Velimna”
La cassa, di forma parallelepipeda, con fianchi lisci e fronte decorata, sorretta da due peducci ricavati dallo stesso blocco, presenta una decorazione ripartita su tre registri verticali: al centro, partendo dall’alto, una cornice ad ovoli sopra un triglifo tra rosette con quattro petali cuoriformi. Lo schema centrale in basso presenta un doppio arco nel quale è incisa e rubricata l’iscrizione. Ai lati sono raffigurati due fiori con doppia fila di petali cuoriformi e patere.
Fonte Bibliografica:
Nielsen Marjatta, Common Tombs for Women in Etruria: Buried Matriarchies?, in AnalRoma22, 1999, pp.89-90, n. 2, fig. 22
Cipollone Mafalda, Perugia. Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Chiostro Maggiore. Lapidario, Perugia 2004, p. 43, n. 126
Elisa Laschi – Silvia Racano – Gioia Orsini Federici
